STORIA E MITO

Il mondo antico

Il Tartufo è certamente conosciuto da un’età remotissima, ma non si può essere certi che gli storici dell’antichità parlassero realmente di questo, oppure di altri funghi ipogei. Perciò è solo un’ipotesi la presenza del tartufo nella dieta di Sumeri ed Ebrei, intorno al 1700–1600 a.C. Le prime notizie certe compaiono nella Naturalis Historia, dell’erudito latino Plinio il Vecchio (79 d.C.). Gli aneddoti riportati dimostrano che il tartufo, in latino definito semplicemente Tuber, era assai apprezzato alla tavola dei Romani, i quali raccolsero certamente dagli Etruschi l’uso culinario di questo fungo. Nel primo secolo d.C., grazie al filosofo greco Plutarco di Cheronea, si tramandò l’idea che il prezioso fungo nascesse dall’azione combinata dell’acqua, del calore e dei fulmini. Da qui trassero ispirazione vari poeti; uno di questi, Giovenale, spiegò l’origine del prezioso fungo come frutto di un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia (albero ritenuto sacro al padre degli Dei). Poiché Giove era anche famoso per la sua prodigiosa attività sessuale, al tartufo da sempre si sono attribuite qualità afrodisiache.

Il Medioevo e il Rinascimento

Per lungo tempo i naturalisti sono stati in disaccordo sulla classificazione del tartufo. Qualcuno lo definiva una pianta, altri un’escrescenza del terreno, o addirittura un animale! A prescindere dalle credenze comunque il tartufo rimase sempre un cibo altamente apprezzato, soprattutto nelle mense di nobili ed alti prelati. Ma il tartufo suggerì pure concetti totalmente diversi. Per alcuni “scienziati” dell’epoca, il suo aroma era una sorta di “quinta essenza” che provocava sull’essere umano un effetto estatico. Il tartufo quindi come sublime sintesi della soddisfazione dei sensi a rappresentare l’essenza di un piacere superiore.

Il Tartufo Piemontese e di Alba

Nel Settecento il tartufo piemontese era considerato presso tutte le corti europee un alimento tra i più ghiotti. Tra i grandi estimatori di questo “frutto della terra” non va dimenticato il musicista Gioacchino Rossini, che lo definì “il Mozart dei funghi”. Il tartufo bianco piemontese è sempre stato considerato il più pregiato, ma solo nel ‘900, il Tartufo d’Alba ha acquistato fama mondiale, grazie alla geniale opera di promozione svolta da Giacomo Morra, albergatore e ristoratore di Alba, giustamente “incoronato” Re dei Tartufi già nel 1933 dal Times di Londra.

Nel 1831 l’Italiano Carlo Vittadini con l’opera “Monographia tuberacearum” iniziò a chiarire il concetto di Tuber formulando le basi per il corretto studio di tali funghi.
Anche se oggi molte delle sue valutazioni sono superate dalla ricerca scientifica, supportata dall’impiego di mezzi d’indagine , a quei tempi ancora ignoti, possiamo affermare che la moderna classificazione poggia proprio sulla sistematica indicata dal Vittadini.
Il Tulasne nel 1862 nel suo libro “funghi hypogaei” cioè funghi che si sviluppano e marciscono sottoterra, descriveva la struttura del tartufo, della polpa, delle venature, delle spore e del micelio.
Nel 1892 Chatin iniziò con il sostenere che i tartufi preferiscono i suoli ricchi di calcio ed ancora che i Tuber neri prediligono terreno risalente ad epoca Giurassica, mentre il pregiato bianco del Piemonte ama substrati risalenti al Terziario, tutte supposizioni che hanno trovato ampie conferme dagli studiosi successivi.

Carlo Vittadini (botanico e micologo) scrisse l’opera “Monographia Tuberacearum” (1831) dove per la prima volta classificò con criteri scientifici le diverse varietà di tartufi, tantochè molti tartufi contengono nel loro nome scientifico l’abbreviazione di Vittadini (Vitt.).
Professor Chatin – Gaspard Adolphe Chatin 
Professore di Botanica presso la Scuola di Specializzazione in Farmacia di Parigi, Menbre dell’Accademia Imperiale di Medicina, ecc.
IL TARTUFO.
STUDIO DELLE CONDIZIONI GENERALI DELLA PRODUZIONE DEL TARTUFO,
La prima edizione fu realizzata nel 1869, a Parigi, presso la stampa e la libreria Bouchard-Huzard

Se vuoi i tartufi, semina ghiande.
Cit Professor Chatin.

Come Cos’è il tartufo

Il tartufo è il corpo fruttifero di una particolare categoria di funghi noti come funghi ipogei, appartenenti al genere Tuber e alla famiglia delle Tuberaceae. Come suggerisce il nome, questi funghi vivono sottoterra, crescendo a una profondità che varia dai pochi centimetri fino a, in rarissimi casi, un metro. La particolarità di questi funghi è proprio quella di generare dei corpi carnosi, i tartufi appunto, tramite cui diffondere le proprie spore e riprodursi. Una volta maturi, i tartufi producono infatti un profumo intenso e penetrante che supera la barriera del terreno e attira gli animali selvatici che se ne nutrono, spargendo le spore brune, ellissoidali, spinose o reticolate e agevolandone la riproduzione.

Chi studia il Tartufo?

La scienza che studia il tartufo si chiama Idnologia.

Il tartufo: tubero o fungo?

Sono ancora molto diffusi i dubbi circa la corretta classificazione del tartufo: si tratta di un fungo o di un tubero? Il nome scientifico Tuber trae spesso in inganno e porta alcune persone a confondere il tartufo con un tubero. In realtà, il tartufo è un fungo vero e proprio che condivide con gli altri funghi tantissime caratteristiche, come vedremo nei prossimi paragrafi. Il nome Tuber ha il solo scopo di evidenziare il fatto che il corpo fruttifero di questi funghi ricorda la forma di un tubero.

Il tartufo vive in simbiosi con la sua pianta

Come tutti i funghi, il tartufo è eterotrofo: non è cioè in grado di ottenere le sostanze necessarie alla sua sopravvivenza tramite la sintesi clorofilliana, un processo di cui è sprovvisto. Per compensare, il tartufo crea un rapporto di simbiosi con una pianta, crescendo a stretto contatto con le sue radici, e assorbendo da essa tutte le sostanze di cui ha bisogno. Questo rapporto, noto come micorriza, porta benefici sia al fungo che alla pianta.

Le micorrize si strutturano in modo diverso per ogni specie di tartufo, e ogni varietà è associata a specifiche piante con cui crea il rapporto di simbiosi. In genere le piante coinvolte sono QuerciaLecciCarpinoRovereTiglio e Pioppo, per citare le più comuni; ma le specie coinvolte sono molto più numerose e includono sia latifoglie che conifere.

caratteristiche e nomenclatura del tartufo

Il tartufo è composto da due parti: una scorza esterna nota con il nome di peridio, che può assumere caratteristiche diverse da specie a specie e a seconda del tipo di terreno in cui cresce; e la parte carnosa interna, chiamata gleba, composta per l’80% da acqua, grassi fra l’1 e il 6% e per la parte residua da fibre e sali minerali, quali potassio, calcio, sodio, magnesio, ferro, zinco e rame, sostanze organiche che trae dal suo albero. Il suo colore varia dal marrone al rosa, dal bianco al grigio e possono essere presenti delle venature.

La forma del carpoforo, il corpo fruttifero, può variare in funzione del tipo di terreno che ospita il tartufo: se la terra è morbida, il tartufo avrà il carpoforo globoso sferico, se la terra è pietrosa e con molte radici, il carpoforo sarà irregolare e bitorzoluto. Un’altra caratteristica curiosa del tartufo è la sua elevata sensibilità: il prezioso fungo non tollera l’inquinamento ambientale e pertanto è impossibile che cresca in zone insalubri. Una vera e propria sentinella della natura.

Quali solo le principali tipologie di tartufo

In natura esistono numerose specie di tartufo, ma non tutte sono pregiate e commestibili. Le specie commestibili sono solamente nove, e di queste soltanto sei sono attualmente disponibili sul mercato:

in Calabria

Ciascuna di queste tipologie ha le proprie caratteristiche organolettiche, le proprie piante simbiotiche, i propri luoghi di raccolta.

I tipi di tartufo

Qui di seguito le slides del Prof. Gigliotti , relatore del CORSO DIDATTICO FORMATIVO
PER LA RICERCA E RACCOLTA DEI TARTUFI IN CALABRIA